PREGHIERA
Per me è la più bella poesia d’amore di tutti i tempi. Dice l’attesa del cuore: l’attesa d’amore; il riconoscimento del valore dell’altro/a; l’importanza di ‘essere chiusi’ e di ‘essere aperti’ dall’altro; la speranza di essere aperti dopo essere stati chiusi; la certezza che questo accadrà; la grandezza dell’altro, che ha un potere così grande su di noi; il valore di un oggetto d’amore che non è solo oggetto di desiderio, ma intelletto d’amore per noi - come direbbe Dante -, cioè capacità di comprendere noi, proprio noi, le nostre attese; la delicatezza delle sue mani è ciò che occorre per far esistere nel tempo ciò che altrimenti non durerebbe; la follia d’amore, cioè il sapere saputo dell’altro, l’esperienza fatta di un amore che ritorna sui suoi passi, che sa; il dolore della mente sopito, addormentato nella certezza del risveglio oltre il disincanto; la fine di ogni disincanto, perché il mistero dell’altro è intatto: non un oggetto noto, né un’esperienza già fatta, consumata, ma attesa, dolce attesa, contatto e incontro con il desiderio dell’altro; scoperta sempre rinnovata che l’altro desidera noi, proprio noi.
Cos’altro abbiamo da attendere, se non questo folle desiderio di essere amati, sapendo amare?
Avendo dato un nome all’amore, sapere che c’è chi ne conosce il segreto e, soprattutto, conosce il segreto della nostra anima e vi entra e vi esce restando quasi sulla soglia, con lo sguardo ‘discreto’ di chi sa quando è ora.
Amen.
Questa luce, l’attesa della luce, che è attesa dell’angelo, è tutto ciò che resta da fare, perché solo così potrò meritarmi di essere amato.
Cosa posso chiedere per me, se non ricevo risposta alla mia domanda? Kafka mi ha insegnato, con il suo aforisma più doloroso, quello che c’è da capire intorno al chiedere: «Prima non capivo perché non ricevessi risposta alla mia domanda, oggi non capisco come potessi credere di poter chiedere. Ma non credevo affatto, chiedevo soltanto.» (L’opera che lo contiene è stata intitolata da Max Brod: Considerazioni sul peccato, il dolore, la speranza e la vera via).
Cosa cerchiamo, se non la vera via, la via che conduce fuori del dolore, oltre l’errore e l’ostinazione sempre ripetuta e sempre uguale, oltre la paura di restare soli, cioè senza amore?
Del dolore femminile ha scritto LELLA RAVASI BELLOCCHIO (La lunga attesa dell’angelo. Le donne e il dolore, Raffaello Cortina Editore, 1992), “dedicato a tutti coloro che si riconoscono nella frase di John Irving: Sii grata per i piccoli favori”.
L’opera è aperta da una poesia di Sylvia Plath:
[...] Avvengono miracoli,
se siamo disposti a chiamare miracoli
quegli spasmodici trucchi di radianza. L’attesa è ricominciata.
La lunga attesa dell’angelo.
Di quella sua rara, rarefatta discesa.
Dove quest’opera conduca non vi dirò e di quale angelo si sia in attesa nemmeno. Non è bene parlare del dolore, se non a chi sia disposto ad ascoltare.
Del dolore maschile è possibile scrivere oggi? di quello che io chiamo il dolore della mente? Siete disposti/e a pensare che dietro un maschio che ha ucciso sua moglie ci fosse un uomo che soffriva? Ogni possibilità di dialogo parte da qui.